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Santi del 1 Giugno

Il mio Santo > I Santi di Giugno

*Beato Alfonso Navarrete - Martire (1 Giugno)  
Scheda del Gruppo cui appartiene:
"Beati Martiri Giapponesi" Beatificati nel 1867-1989-2008 - Senza data (Celebrazioni singole)

1571 - 1617
Etimologia
: Alfonso = valoroso e nobile, dal gotico
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Omura in Giappone, beati martiri Alfonso Navarrete, dell’Ordine dei Predicatori, Ferdinando di San Giuseppe de Ayala, dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, sacerdoti, e Leone Tanaka, religioso della Compagnia di Gesù, che in odio alla fede cristiana, per editto del comandante supremo Hidetada, insieme furono decapitati.
Nativo della Vecchia Castiglia, entrò nel convento domenicano di Valladolid.Nel 1598 partì per le missioni nelle Filippine, dove si dedicò all'apostolato con tale entusiasmo e zelo che fu colpito da un forte esaurimento e i superiori lo fecero ritornare in Spagna. Nel 1611 ottenne di ritornare in Oriente.
Fu prima a Manila e poi in Giappone, dove fondò le confraternite del Rosario e del Santissimo Nome di Gesù e diffuse il libro di fra Luigi de Granada Guida del peccatore in giapponese.
Nel 1614 l'imperatore del Giappone iniziò la persecuzione vietando ai suoi sudditi di abbracciare la fede cattolica e intimando a tutti i missionari cattolici di lasciare il paese sotto pena di morte.
Da questo momento fino al 1° giugno del 1617, giorno in cui fu decapitato, il Beato Alfonso, instancabile come sempre, incoraggiava i cristiani a perseverare nella fede, battezzava, confessava, predicava, celebrava la Santa Messa, riconciliava gli apostati.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Alfonso Navarrete, pregate per noi.

*Santi Ammone, Zenone, Tolomeo, Ingene e Teofilo - Martiri (1 Giugno)
m. 249
Martirologio Romano:
Ad Alessandria d’Egitto, Santi martiri Ammone, Zenone, Tolomeo, Ingene, soldati, e il vecchio Teofilo, i quali, presenti al processo, cercavano con il volto, con lo sguardo e con cenni di incoraggiare un cristiano intimorito dai supplizi ai quali era sottoposto e ormai sul punto di rinnegare la fede; levatosi per questo contro di loro il clamore dell’intera folla, essi, accorsi nel mezzo, confessarono di essere cristiani: così, nella loro vittoria trionfò gloriosamente Cristo stesso, che aveva dato ai suoi fedeli tale fermezza d’animo.
Il vescovo Dionigi d'Alessandria durante la persecuzione di Decio scrisse una lettera al vescovo d'Antiochia, Fabio, per narrargli le tremende prove cui erano sottoposti i cristiani. La lettera è stata inserita da Eusebio nella sua Historia Ecclesiastica e da essa sappiamo che i cinque cristiani erano soldati di servizio al tribunale di Alessandria.
Un correligionario, sotto la tortura, stava per abiurare, ma i soldati in ogni maniera lo incoraggiarono a resistere finché gli astanti se ne accorsero e incominciarono ad insultarli, ma i cristiani si fecero avanti, professando la loro fede e furono immediatamente messi a morte. Questo avvenne nel 249 o 250.
Piuttosto interessante è la storia delle differenti date in cui sono celebrati: gli Acta Sanctorum, infatti, d'accordo con antichi testi etiopici, li ricordano al 1° giugno, mentre il Martirologio Romano, fondandosi su Adone, li onora il 20 dicembre.
Ma questa data è da considerarsi arbitraria, ché Adone divide in quattordici gruppi, arbitrari i nomi dei martiri egiziani morti durante la persecuzione deciana e ricordati nella citata lettera di Dionigi. Egli si servì dell'elogio che Floro di Lione (sulla scorta della traduzione di Rufino ai capp. 41-42 del VI 1. dell'Historia Ecclesiastica) aveva composto per riempire il giorno 20 febbraio, lasciato libero dai suoi predecessori. Di questi gruppi, in Adone, nove compaiono nel mese di dicembre.

(Autore: Augusto Moreschini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Ammone, Zenone, Tolomeo, Ingene e Teofilo, pregate per noi.

*Sant'Annibale Maria Di Francia - Sacerdote, Fondatore (1 Giugno)
Messina, 5 luglio 1851 - Messina, 1 giugno 1927
Fondatore dei Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zelo.
Animato da una illimitata carità verso il prossimo, fin da giovane considerò mezzo efficacissimo per la salvezza di tutti gli uomini il comando di Gesù: "la messe è abbondante, ma gli operai sono pochi. Pregate (=Rogate) dunque il Padrone della messe perché mandi operai alla sua messe" (Mt. 9,38).
É unanimemente riconosciuto come l'apostolo della preghiera per le vocazioni e come padre dei poveri e degli orfani, per i quali istituì gli Orfanotrofi Antoniani.
Le due famiglie religiose da lui fondate, i Rogazionisti e le Figlie del Divino Zelo, cercano di realizzare i medesimi ideali non solo in Europa, ma anche in Africa, Asia, America ed Oceania.

Etimologia: Annibale = il Signore è benefico, dal fenicio
Martirologio Romano: A Messina, Sant’Annibale Maria di Francia, sacerdote, che fondò le Congregazioni dei Rogazionisti del Cuore di Gesù e delle Figlie del Divino Zelo per pregare il Signore di rendere la sua Chiesa feconda di santi sacerdoti; si adoperò con particolare dedizione per gli orfani distendendo a tutti i poveri le mani misericordiose di Dio.
Sant’Annibale Di Francia nacque a Messina il 5 luglio 1851 da una famiglia della nobiltà cittadina. Giovanissimo, mentre era in adorazione dinanzi all’Eucaristia, sentì chiara la vocazione al sacerdozio, che egli stesso definì “improvvisa, irresistibile, sicurissima”.
Tale chiamata si sviluppò e crebbe nella piena comprensione della primaria importanza della preghiera per le vocazioni prima che la scoprisse nel comando di Gesù, riportato nel Vangelo: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi.
Pregate dunque il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9, 37-38; Lc 10, 2). Annibale era ancora Diacono quando un incontro provvidenziale con un mendicante lo portò alla scoperta drammatica delle “Case Avignone”, il quartiere più povero e malfamato di Messina, ritenuto da tutti “terra maledetta” perché costituiva un covo di ogni miseria morale e materiale.
Dopo l’ordinazione sacerdotale (16 marzo 1878), ottiene dal suo Vescovo di stabilirvisi, facendone il campo del suo apostolato di promozione umana e di evangelizzazione di quella povera gente, volendo così condividere la compassione di Cristo per quelle folle stanche e
abbandonate come gregge senza pastore (cf. Mt 9, 36).
Fu proprio lì che il Di Francia iniziò le opere di soccorso e di educazione dell’infanzia e della gioventù maschile e femminile, fondando gli Orfanotrofi Antoniani per accogliere e promuovere “civilmente e religiosamente”, come ci teneva a sottolineare, i più bisognosi.
Per mantenerli egli, di famiglia nobile, si fece mendicante, andando di porta in porta a chiedere aiuti e sovvenzioni.
Tali Istituti poi si svilupparono in laboratori di arti e mestieri, collegi, centri di formazione professionale, colonie agricole e scuole di ogni tipo.
Sacerdote zelante, poeta prolifico, giornalista battagliero, predicatore dalla parola facile e convincente, Padre Annibale nella sua vita terrena ha saputo conciliare in un unico termine il binomio azione-contemplazione, mostrando la sua completezza di uomo spirituale, attivo ed instancabile, ma dotato di una intensa capacità contemplativa.
Coltivò e predicò l’amore per la parola di Dio, per l’Eucaristia, per la Vergine Maria, per i Santi e la Chiesa, manifestando verso il Papa ed i Vescovi uno spirito di obbedienza e di particolare rispetto fino alla venerazione.
Tormentato dal pensiero che nel mondo vi erano milioni e milioni di persone bisognose di pane materiale e spirituale, afflitto per la scarsità di anime generose che si dedicassero alla loro salvezza spirituale e materiale, il Di Francia trovò la risposta nel comando di Gesù: Pregate dunque il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe, convinto che le vocazioni dei nuovi apostoli sono dono di Dio e frutto della preghiera.
Egli, già d’allora, considerò operai della messe non soltanto i sacerdoti ed i consacrati, ma anche tutti coloro che sono chiamati ad impegnarsi in attività a beneficio del prossimo nella chiesa e nella società: genitori, insegnanti, governanti.
Il Rogate (la preghiera per le vocazioni) divenne il programma della sua vita, “idea-risorsa e chiodo fisso” per tutte le sue opere.
Attratti dal suo carisma, uomini e donne si unirono a lui.
Padre Annibale fondò le due Congregazioni delle Figlie del Divino Zelo (1887) e dei Rogazionisti (1897), che esprimono con un quarto voto l’impegno di pregare e di agire in attività specifiche per le vocazioni con centri di spiritualità, di discernimento e di promozione vocazionale, con attività editoriali e con seminari.
L’esperienza spirituale di Padre Annibale e la sua speciale missione sono oggi condivise anche da numerosi laici, uomini e donne, che si impegnano a vivere lo spirito del “Rogate” nella Chiesa in forma privata o associata.
Tra le diverse associazioni laicali vi è quella delle Missionarie Rogazioniste, costituita da donne che vivono la consacrazione nel mondo attraverso la professione dei consigli evangelici e del quarto voto del Rogate.
Il Di Francia, nell’impegnarsi ed impegnare alla preghiera per le vocazioni, tende a fare comprendere che chi domanda al Signore di provvedere la sua Chiesa di operai della messe, chiede non soltanto che essi siano numerosi, ma soprattutto che siano santi.
Inoltre, egli insinua che chi prega per le vocazioni deve mettersi in prima persona in ascolto di Dio che chiama, pronto a dire: “Eccomi, Signore, se vuoi, manda me”.
Perciò, Padre Annibale, chiamato a ragione “vero padre degli orfani e dei poveri”, volle che i membri degli Istituti da lui fondati esprimessero concretamente il loro impegno per le vocazioni facendosi essi stessi operai della messe preferibilmente a favore dei piccoli e dei poveri in tutte le possibili attività di carità spirituale e materiale: orfanotrofi, scuole, istituti professionali, centri per portatori di handicap.
Il Di Francia, pur essendo un uomo di azione, visse in un crescente ed eroico esercizio di tutte le virtù cristiane, che convogliava nello zelo per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime.
Innamorato a sua volta di Cristo, suo motto e sua esortazione era: Innamoratevi di Gesù Cristo.
Padre Annibale, bruciato dall’amore di Dio e del prossimo, spende la sua vita nell’adoperarsi instancabilmente affinché si obbedisca al comando di Gesù: Pregate dunque il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe.
Perciò compone, stampa e diffonde preghiere a tale scopo in varie lingue.
Sollecita Papi e Vescovi a farsene maggior carico.
Istituisce per la Gerarchia la Sacra Alleanza sacerdotale e per i laici la Unione di preghiera per le vocazioni.
Impegna i suoi figli e figlie spirituali affinché, con tutti i mezzi a disposizioni, si adoperino a far sì che questo spirito di preghiera divenga “incessante ed universale”.
Il suo anelito ha trovato finalmente la massima rispondenza ecclesiale nella Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, istituita da Paolo VI nel 1964.
Logorato dalle fatiche e pieno di meriti, si spense a Messina il 1° giugno 1927, confortato dalla visione della Vergine Maria, sempre da lui amata, lodata e venerata.
L’espressione più ricorrente, ascoltata durante e dopo i funerali, fu: “É morto il Santo”.
La Chiesa onora Annibale Di Francia con il titolo di “insigne apostolo della preghiera per le vocazioni”.
Giovanni Paolo II, che lo ha proclamato Beato il 7 ottobre 1990, lo ha dichiarato “autentico anticipatore e zelante maestro della moderna pastorale vocazionale”, e il 16 maggio 2004 lo ha iscritto nell’albo dei Santi.

(Autore: P. Riccardo Pignatelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Annibale Maria Di Francia, pregate per noi.

*Beato Arnaldo Arench - Martire Mercedario (1 Giugno)

XIV secolo
Religioso mercedario francese, il Beato Arnaldo Arench, era cattedratico in medicina a Montpellier.
Fu anche redentore, insigne predicatore famoso per la preghiera e l'umiltà, inoltre autore di un libro intitolato "De cognitione rerum naturalium et aplicatione suarum virtutum morburum qualitatibus".
Nel 1394, trovandosi a Granada (Spagna) per redenzione, venne incarcerato dai mussulmani ed ogni giorno picchiato con un bastone, ma tuttavia cantava le lodi divine finché morì martire per le percosse.
L'Ordine lo festeggia il 1° giugno.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Arnaldo Arench, pregate per noi.

*San Caprasio di Lérins - Abate (1 Giugno)
+ Lérins, Francia, 430
San Caprasio di Lérins fu la principale guida spirituale di sant'Onorato di Arles. Rinunciò a grandi prospettive mondane, preferendo andare a vivere da eremita presso la celebre isola di Lérins, al largo della Costa Azzurra. Qui venne raggiunto da Onorato con suo fratello Venanzio, due giovani desiderosi di averlo come maestro. Quando i due fratelli meditarono di trasferirsi in Oriente, anche Caprasio li seguì per condividere tale esperienza. Il viaggiò riservò loro tali prove che non appena giunti in Grecia Venanzio morì.
I due superstiti fecero allora ritorno in Gallia e per qualche tempo si rifugiarono tra le montagne attorno al Fréjus, per poi trasferirsi nuovamente a Lérins al fine di imitare l'austera vita dei padri del deserto. Ben presto altri seguaci si unirono a loro, desiderosi di seguire i medesimi ideali, e si rese così necessario ispirarsi alla regola di San Pacomio. Caprasio non divenne mai superiore della comunità, forse per l'età avanzata, ma ne viene considerato comunque come il primo abate. Morì nel 430 circa. (Avvenire)

Martirologio Romano: Nell’isola di Lérins in Provenza, in Francia, San Caprasio, eremita, che insieme a sant’Onorato si ritirò in questo luogo e vi diede inizio alla vita monastica.
San Caprasio fu la principale guida spirituale di Sant'Onorato di Arles. Rinunciò a grandi
prospettive mondane, preferendo andare a vivere da eremita presso la celebre isola di Lérins, al largo della Costa Azzurra. La si era recato anche Onorato con suo fratello Venanzio, due giovani desiderosi di averlo come maestro. Quando i due fratelli meditarono di trasferirsi in Oriente, anche Caprasio li seguì per condividere tale esperienza.
Il viaggiò li obbligò a privarsi di molte cose ed a condurre una vita molto dura, tanto che la loro salute divenne cagionevole enon appena giunti in Grecia Venanzio morì.
I due superstiti fecero allora ritorno in Gallia e per qualche tempo si rifugiarono tra le montagne attorno al Fréjus, optando poi per trasferirsi nuovamente a Lérins al fine di imitare l'austera vita dei padri del deserto. Ben presto altri seguaci si unirono a loro, desiderosi di seguire i medesimi ideali, e si rese così necessario ispirarsi alla regola di San Pacomio per formare un'ampia comunità come quella di Tabennesi in Egitto, dove un gran numero di piccole case religiose erano sottoposte ad una regola comune e ad un unico superiore.
Sembra storicamente accertato che Caprasio non divenne mai ufficialmente superiore della comunità monastica, forse perché troppo avanti negli anni o piuttosto perché Onorato possedeva un maggior carisma di amministratore, ma è comunque comunemente considerato fondatore e primo abate di Lérins, in quanto guida spirituale di Onorato e così di tutto il complesso monastico.
Nella “laudatio” che Sant'Ilario di Arles compose dopo la sua morte, che costituisce la nostra principale fonte di informazioni sul suo conto, Caprasio è lodato per la sua grande fama di santità. Sant'Ilario stesso fu monaco a Lérins, per poi succedere ad Onorato sulla cattedra episcopale di Arles.
L'influenza che Lérins esercitò in seguito attraverso la Gallia e la Chiesa celtica in Irlanda e Britannia fu dovuta principalmente all'esempio della sua prima guida spirituale, San Caprasio, la cui opera si percepisce ancora oggi sull'isola mediterranea che ancora è sede di un fiorente monastero.
Anche il nuovo Martyrologium Romanum, nel commemorarlo al 1° giugno, ne riconosce la paternità di questa grande opera.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Caprasio di Lérins, pregate per noi.

*Santi Caritone e Compagni - Martiri (1 Giugno)

Martirologio Romano: Nello stesso luogo, Santi Caritóne e Caríto, Evelpisto e Gerace, Peone e Liberiano, martiri, che, discepoli dello stesso Giustino, ricevettero insieme a lui la corona della gloria.
I martiri Caritone, Carito, Evelpisto, Ierace, Peone e Liberiano sono legati nel martirio a quello del filosofo San Giustino.
La morte di Giustino, come la sua vita, è una splendida testimonianza alla verità e fu probabilmente la conseguenza del conflitto avuto con il filosofo cinico Crescente.
Nella II Apologia, egli parla degli intrighi di costui che imputava ai cristiani le solite accuse correnti nel mondo romano, specialmente quella di ateismo, creando a Roma una situazione molto pericolosa per quanti si professassero discepoli di Cristo.
Reagendo alle false accuse di Crescente con la pubblicazione della sua II Apologia, indirizzata al senato romano, Giustino rivelò di aver avuto delle pubbliche dispute con Crescente e di averlo confuso dimostrandogli che le sue asserzioni erano vere e proprie calunnie.
Crescente, però, non si arrese e denunciò il suo avversario all'autorità. Giustino fu messo in prigione, insieme con alcuni discepoli.
Il suo martirio e quello dei sei compagni (Caritone, Carito, Evelpisto, Ierace, Peone e Liberiano) condannati alla decapitazione dal prefetto Giunio Rustico è descritto dagli Acta S. Iustini et sociorum, che, secondo il consenso unanime della critica, hanno un grande valore storico.
Non conosciamo con esattezza l'anno della loro morte, ma generalmente si suppone che sia il 165, sotto l'imperatore Marco Aurelio.

(Autore: Vladimiro Boublìk – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Caritone e Compagni, pregate per noi.

*San Domenico Ninh - Martire (1 Giugno)

m. 1862
Martirologio Romano: Nella città di Âu Thi nel Tonchino, ora Viet Nam, San Domenico Ninh, martire, che, giovane contadino, per essersi rifiutato di calpestare la croce del Salvatore, patì la decapitazione sotto l’imperatore Tự Đức.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Domenico Ninh, pregate per noi.

*Sant'Enecone - Abate (1 Giugno)

m. 1060 circa
Martirologio Romano:
Nel monastero di Oña nel territorio di Burgos nella Castiglia in Spagna, Sant’Enecóne, abate: uomo di pace, alla sua morte fu pianto anche dai Giudei e dai Mori.
Il primo giugno, la Chiesa ci fa celebrare la memoria di Sant'Eneco o Inigo, prima eremita e poi abate del monastero di San Salvatore di Ona, nella provincia di Burgos, nella Vecchia Castiglia (Spagna).
Questo monastero, fondato nel 1011 dal conte di Castiglia e dalla moglie di lui, donna Urraca, seguì la riforma introdotta a Cluny, presso Autun (Saòne-et-Loire) dal B. Bernone, dopo la fondazione che ne aveva fatto nel 910 Guglielmo I il Pio, conte di Aquitania, (1918).
L'abbazia era stata donata a San Pietro, in proprietà assoluta, mediante un atto legale deposto sulla sua tomba in Vaticano. Era esente dalla giurisdizione episcopale e osservava la regola benedettina secondo il primitivo rigore: silenzio continuo, confessione pubblica delle colpe, aspre penitenze, molto lavoro manuale congiunto alle scuole e alla pratica dell'elemosina e dell'ospitalità.
Al monastero di Ona occorreva un abate santo e all'altezza di condurre a termine l'opera intrapresa. Sancio, re di Aragona e di Navarra, fece appello ad un eremita, Inigo, che godeva fama di grande santità.
Era nato, si diceva, a Calatayud, nella provincia di Bilbao, era vissuto da eremita e poi aveva rivestito l'abito benedettino a San Giovanni di Pena (Aragona).
In seguito era ritornato alla vita eremitica praticata prima del suo ingresso in religione, forse perché eletto Priore, carica alla quale non si sentiva inclinato. Non stupisce quindi che alle suppliche dei monaci di Ona egli abbia fatto per un po' di tempo le orecchie da mercante. Per deciderlo a recarsi a Ona per assumere la direzione dell'abbazia, occorse il personale intervento del re Sancio.
Sotto la guida sapiente e illuminata di Inigo e con il soccorso generoso del re, il monastero prosperò. Con il suo ascendente il santo fece fiorire la pace intorno a sé. Dio gli concesse il dono dei miracoli. Con le sue preghiere ottenne piogge benefiche su terre riarse dalla siccità e un giorno, con poche cibarie, riuscì a sfamare addirittura una folla di persone.
A pochi chilometri dall'abbazia, Inigo fu colpito dal male che lo avrebbe portato alla tomba. Appena giunse alla sua sede, egli supplicò i monaci a volere rifocillare i giovani che avevano voluto accompagnarlo, nel tragitto, con delle torce accese. Ne fecero immediatamente ricerca, ma nessuno li vide. Ritennero molto probabile che Dio avesse mandato alcuni suoi angeli a illuminare nella notte il camino del suo servo buono e fedele, anziché pensare a una allucinazione prodotta, nell'abate, dalla sua malattia.
Inigo morì il 1-6-1057. Egli fu pianto da tutti, persino dai giudei e dagli arabi che occupavano la Spagna. Per i grandi miracoli che avvenivano sulla sua tomba, Alessandro II permise nel 1070 che il suo corpo fosse "elevato".Il fondatore della Compagnia di Gesù al fonte battesimale ricevette il nome di Inigo.

(Autore: Guido Pettinati – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Enecone, pregate per noi.

*Beato Ferdinando di San Giuseppe - Martire in Giappone (1 Giugno)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Agostiniani del Giappone”  
“Beati Martiri Giapponesi Beatificati nel 1867-1989-2008”

Toledo, Spagna, 1575 - Giappone, 1° giugno 1617
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Omura in Giappone, Beati martiri Alfonso Navarrete, dell’Ordine dei Predicatori, Ferdinando di San Giuseppe de Ayala, dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, sacerdoti, e Leone Tanaka, religioso della Compagnia di Gesù, che in odio alla fede cristiana, per editto del comandante supremo Hidetada, insieme furono decapitati.
Nacque l'anno 1575 nell'arcidiocesi di Toledo, in Spagna, e il 9 maggio 1594 fece la professione religiosa nell'Ordine di S. Agostino a Montilla. Datosi alla predicazione, fu inviato prima nel
Messico (1603), poi nelle Filippine (1604) e infine nel Giappone (1605) con la qualifica di vicario generale del suo Ordine.
Poiché il martirio dei Beati Pietro dell'Assunzione e Giovanni Battista Maciado de Tavora, avvenuto il 22 maggio 1617, aveva scosso i cristiani di Omoura, il nostro Santo missionario si ritenne in dovere di uscire da Nagasaki, dove viveva nascosto, per andare, anche a costo della vita, a confermare i vacillanti e ammonire i caduti. Gli era compagno, nell'impresa pericolosa, il Beato Alfonso Navarrete.
Arrestati dopo solo alcuni giorni per ordine di Michele, principe apostata di Omoura, i due padri furono decapitati
il 1° giugno 1617. Ne condivise la sorte il catechista Leone Tanaca.
I loro corpi, chiusi nelle arche dove già si trovavano quelli di Pietro dell'Assunzione e di Giovanni Battista Maciado de Tavora, appositamente dissepolte, furono, al fine di evitare che i cristiani accorressero a venerarli, gettati in mare. Il Tanaca vi fu gettato in una stuoia.
Tuttavia, scrive il Boero, "indi a sei mesi, venne improvvisamente a galla una delle arche che portata al lido e scoperchiata, si trovò contenere i corpi di Fr. Pietro e Fr. Ferdinando, ancora interissimi nelle carni e nelle vesti, che con gran divozione e riverenza furono accolti e custoditi da quella fiorente cristianità".
Ferdinando di S. Giuseppe fu beatificato con altri duecentoquattro martiri del Giappone con Breve di Pio IX del 7 maggio 1867. La solenne cerimonia in S. Pietro ebbe luogo il 7 luglio dello stesso anno. È festeggiato il giorno del suo martirio, ossia il 1° giugno.

(Autore: Pietro Burchi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ferdinando di San Giuseppe, pregate per noi.

*San Floro di Lodeve - Vescovo (1 Giugno)  
I sec.

Martirologio Romano: A Clermont-Ferrand in Aquitania, in Francia, San Floro, del cui nome furono in seguito insigniti il monastero innalzato sul suo sepolcro, la città e la sede episcopale.
San Floro (frate Flour), preteso vescovo di Lodève.
La sua leggenda, formatasi nel secolo XIII, è così compendiata nelle Vies des Saints: «Floro, discepolo di Cristo, segue a Roma san Pietro che lo invia ad evangelizzare la Gallia Narbonese. Fissa il suo seggio episcopale a Lodève. In seguito ad una visione, parte insieme con due compagni, Gemmardo e Giusto.
Attraversando un deserto - les Causses - essi sarebbero morti di sete se Floro non avesse fatto scaturire in modo miracoloso una sorgente. Arrivano infine a Iridiciacum, dove Floro costruisce una chiesa e muore».
«É fatica inutile - concludono gli autori - tentare di distinguere in questa leggenda gli elementi storici: san Floro è un santo sconosciuto».
Sembra in ogni modo che la sua esistenza non può essere posta in dubbio. Mentre, infatti, una bolla di Gregorio V (996-99) accenna a una «cella in cui riposa santo Floro nel contado di Clermont», altre carte ci fanno sapere che Indiciacum divenne il Priorato di Saint-Flour organizzato da san Odilone, morto nel 1049.
Allorché nel 1317 la città di Saint-Flour fu eretta in diocesi, le reliquie di Floro vennero trasferite nella cattedrale.
Nel Medioevo egli era festeggiato il 1° giugno, supposto giorno della morte, e il 4 novembre, giorno della traslazione delle reliquie.
Oggi il Proprio di Saint-Flour lo celebra come patrono della diocesi il 30 ottobre.
È anche patrono di Estaing, nel Rouergue, dove furono portate alcune reliquie nel 1361-68 e dove è conosciuto coi nomi di Fleuret, Floret o Flouret, con festa il 3 luglio.

(Autore: Pietro Burchi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Floro di Lodeve, pregate per noi.

*San Fortunato di Spoleto - Sacerdote (1 Giugno)
Umbria, IV-V secolo
Martirologio Romano:
Presso Montefalco in Umbria, San Fortunato, sacerdote, che, come si tramanda, povero egli stesso, provvide con assiduo lavoro ai bisogni dei poveri, mettendo la sua vita a servizio dei fratelli.
Sono parecchi i personaggi di nome Fortunato che la Chiesa venera come Santi, anche se nessuno di essi ha mai goduto purtroppo di una particolare popolarità.
Il Santo commemorato in data odierna visse tra il IV ed il V secolo. Originario presumibilmente della città umbra di Montefalco, esercitò il suo ministero presbiterale nel vicino paese di Torrita.
Purtroppo non ci sono state trasmessi ulteriori dati storici sul suo conto. La tradizione ha però tramandato un significativo dettaglio del suo pellegrinaggio terreno: la sua attività di contadino per guadagnarsi il necessario per la sussistenza.
Per i suoi concittadini costituì sempre un grande esempio di laboriosità, sempre contrario all’avarizia che egli considerava addirittura uno dei vizi più temibili e dannosi, in quanto atto a spegnere la carità.
Un dì, mentre era intento a zappare la terra, Fortunato rinvenne dal sottosuolo due monete apparentemente senza valore. Interrate ed opache, pensò comunque di metterle in tasca. Verso
sera, rincasando al termine del suo lavoro, incontrò per strada un povero e decise di donargliele. Miracolosamente la fiacca luce del sole ormai tramontante le fece brillare come oro puro.
Temendo allora di restare vittima dell’avarizia, il Santo sacerdote contadino nascose prontamente il piccolo tesoro fra le mani del povero e si allontanò. Con un così semplice gesto San Fortunato insegnò come sia possibile vincere la tentazione dell’avarizia non disprezzando la ricchezza, bensì non tenendola in considerazione più del dovuto e trasformandola così in carità.
Alla sua morte, i parrocchiani recuperarono la verga con cui era solito guidare i buoi al pascolo. L’oggetto come per incanto si animò, mise radici, rami e foglie, crebbe sino a divenire un grande albero ombroso.
In particolare intorno ad esso iniziò a svilupparsi un primitivo culto verso San Fortunato, poiché sotto la sua ombra i fedeli poterono incontrarsi per ricordare la meravigliosa fiaba del loro Santo buon pastore.
In seguito una chiesa in suo onore fu edificata presso l’aerea terrazza umbra di Turri, frazione di Montefalco, in provincia di Perugina, ove ancora oggi sorge il Convento San Fortunato.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Fortunato di Spoleto, pregate per noi.

*Beato Giovanni Battista Scalabrini - Vescovo, Fondatore (1 Giugno)
Fino Mornasco, Como, 8 luglio 1839 - Piacenza, 1 giugno 1905
La sua filosofia di vita era «darsi tutto a tutti». E dalla sua esperienza nacque una congregazione missionarie tra le più conosciute.
Giovanni Battista Scalabrini, nato a Fino Mornasco nel 1839, divenne rettore del seminario, insegnante e parroco in una zona operaia di Como.
Nel 1876, a soli 37 anni, fu chiamato alla cattedra episcopale di Piacenza.
In trent'anni di apostolato indirizzò alla comunità ben 72 lettere pastorali e visitò per ben cinque volte le 365 parrocchie della diocesi.
Era l'epoca di migrazioni verso le Americhe e lui non poté restare insensibile.
Impressionato dalla folla che un giorno vide partire dalla stazione di Milano iniziò a sensibilizzare le persone verso questo problema. Per la cura pastorale e l'aiuto concreto alla dura condizione degli emigranti sorse, dunque, nel 1887, la Congregazione dei Missionari di San Carlo.
Il fondatore morì nel 1905 ed è beato dal 1997. (Avvenire)

Martirologio Romano: A Piacenza, Beato Giovanni Battista Scalabrini, vescovo, che si adoperò con ogni mezzo per la sua Chiesa e rifulse per la sollecitudine verso i sacerdoti, i contadini e gli operai; in particolare, ebbe a cuore gli emigranti nelle città d’America, per i quali fondò le Congregazioni dei Missionari e delle Suore Missionarie di San Carlo.
Nato a Fino Mornasco (Como) l’8 luglio 1830, Giovanni Battista Scalabrini fu ordinato sacerdote il 30 maggio 1863, venendo subito chiamato ad insegnare nel locale Seminario Minore di Como, di cui divenne anche rettore per tre anni dal 1867 al 1870; nello stesso 1870 venne nominato parroco dell’importante parrocchia operaia di San Bartolomeo, comunque rimarrà parroco per solo cinque anni, infatti il 30 gennaio 1876 a soli 36 anni venne consacrato vescovo di Piacenza, dove rimarrà quasi 30 anni, fino alla morte.
La sua lunga vita di pastore della diocesi piacentina, fu contraddistinta dalle migliaia di pagine uscite dalla sua penna, che interessavano i tanti problemi del suo tempo, nelle intricate vicende della storia italiana, religiosa e politica dell’ultimo quarto di secolo.
Acuto osservatore ed attento interprete della realtà umana contemporanea, fondò un Istituto per sordomuti, un organismo di assistenza per le mondine, società di mutuo soccorso, casse rurali.
Indirizzò, nel suo lungo apostolato, ben 72 lettere pastorali alla Diocesi, per il cui funzionamento, visitò cinque volte le 365 parrocchie, recandosi di persona in tutte, anche le più
sperdute sull’Appennino emiliano dove sicuramente non era mai andato un vescovo.
Celebrò ben tre Sinodi diocesani che da oltre un secolo e mezzo non si erano più tenuti; valido sostenitore dell’Azione Cattolica; diede vita al periodico “Il Catechista cattolico”, prima rivista italiana per la diffusione del catechismo e che si pubblica tuttora.
Organizzò a Piacenza il primo Congresso catechistico nazionale; ma la sua memoria resta legata in particolare alle sue illuminanti soluzioni pastorali per l’emigrazione.
Impressionato dalla vista di una folla di derelitti, che alla stazione di Milano, si avviavano per imbarcarsi per l’America, dove era ormai risaputo, una volta sbarcati venivano trattati come merce di esportazione, rimanendo di fatto sprovvisti di ogni assistenza.
Cominciò con la parola, espressa in molte città italiane nel cercare di sensibilizzare tutti al problema dell’emigrazione, che è sempre stata una opportunità per pochi, una necessità per molti, rivelandosi in buona parte come una tragedia per chi parte e per chi resta, specie nei tempi passati.
Visto che non otteneva significativi risultati, deluso ma non scoraggiato, passò dalla parola all’azione diretta, fondando il 28 novembre 1887 la congregazione dei Missionari di S. Carlo (Scalabriniani) con l’intento di dedicarsi completamente all’assistenza spirituale dei numerosi italiani emigrati in America, nel contempo istituì prima un Comitato di patronato per provvedere alla tutela degli interessi materiali degli emigrati, che divenne poi la Società San Raffaele, suddivisa in Comitati locali, dislocati opportunamente.
La sua Fondazione ebbe l’approvazione della Santa Sede il 14 novembre 1887, iniziando il 28 con appena tre sacerdoti per una moltitudine di emigrati, ma l’anno successivo, la prima spedizione era già di 10 missionari.
Oggi i Missionari di S. Carlo, sono oltre 700 presenti in 25 Nazioni, nei cinque continenti. Approvò nel 1900 le
Apostole del S. Cuore, fondate da Santa Francesca Saveria Cabrini, che indirizzò verso lo scopo delle Missioni fra gli emigranti; l’occasione di fondare un suo Istituto femminile gli venne da un suo giovane missionario, che arrivò in Brasile con un bimbo in braccio perché la madre era morta durante la traversata, fondò così nel 1895 con quattro suore ed un orfanotrofio l’Istituto delle Missionarie di S. Carlo che conta oggi 850 suore.
Nel 1961 si sono aggiunte le Missionarie Secolari Scalabriniane, approvate nel 1990. A muovere la grande volontà di questo gigantesco Pastore è prima di tutto una tensione continua alla perfezione cristiana, alla carità perfetta “Santificarmi, farmi santo: hoc est omnis homo!”.
Ebbe un intensa vita di preghiera ed ascetica, dedito alla meditazione, denso di pietà eucaristica che andava dalla celebrazione intensa della Messa, alla adorazione anche notturna, alle frequenti ‘visitine’ giornaliere.
Fu impedito, dal suo vescovo, quando era giovane sacerdote, di iscriversi al PIME, ma resterà sempre missionario nel cuore, estensore del Regno di Gesù Cristo, evangelizzatore.
Un altro merito che bisogna riconoscergli è quello di essere stato un acceso anticipatore della Conciliazione con il suo lungimirante intervento per una felice soluzione della "Questione Romana", pubblicò anonimamente nel 1885, ma in pieno accordo con il papa Leone XIII, un opuscolo sull’argomento ‘Intransigenti e transigenti’ .
Cominciava a prepararsi alla sesta visita pastorale alla vasta diocesi, nonostante già sofferente da tempo, quando aggravatosi improvvisamente, fu sottoposto ad intervento chirurgico, ma non superando la grave crisi che lo porterà alla morte il mattino del 1° giugno 1905, nella sua sede vescovile, come aveva sempre detto di lui: “vivere, santificarsi e morire a Piacenza”.
I processi per la sua beatificazione si aprirono nel 1940 e dopo aver superato favorevolmente tutto l’iter richiesto e approvato un miracolo attribuito alla sua intercessione il 7 luglio 1997; è stato quindi beatificato il 9 novembre 1997 da Papa Giovanni Paolo II.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Battista Scalabrini, pregate per noi.

*Beato Giovanni Battista Vernoy de Montjournal - Martire (1 Giugno)
m. 1794
Martirologio Romano:
In una galera ancorata al largo di Rochefort in Francia, Beato Giovanni Battista Vernoy de Montjournal, sacerdote e martire, che, canonico di Moulins, durante la rivoluzione francese, condannato per il suo sacerdozio agli arresti navali, morì colpito da malattia.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Battista Vernoy de Montjournal, pregate per noi.

*Beato Giovanni Pelingotto - Terziario Francescano (1 Giugno)
Urbino, 1240 – 1 giugno 1304
Martirologio Romano:
A Urbino nelle Marche, Beato Giovanni Pelingotto, del Terz’Ordine di San Francesco, che, mercante, arricchiva gli altri più che se stesso e, ritiratosi in una cella, ne usciva soltanto per aiutare i poveri e i malati.
Quasi contemporaneo del Poverello d’Assisi, il Beato Giovanni Pelingotto (Pelino Goto) nacque 14 anni dopo la morte di San Francesco, nel 1240 ad Urbino, anch’egli figlio di un facoltoso mercante di stoffe.
Il padre a dodici anni lo aveva avviato al commercio, ma Giovanni già a quella età aveva le idee chiare, possedendo una precoce inclinazione alla preghiera e al raccoglimento e sia pure a malincuore il padre dovette acconsentire a lasciarlo intraprendere la strada che desiderava.
Nella vicina chiesa di S. Maria degli Angeli, la prima fraternità francescana di Urbino, appena quindicenne aderì al Terz’Ordine della Penitenza, vestendone il rozzo saio e fedele imitatore del serafico Francesco, prese a vivere austeramente.
Con l’ardore della sua adolescenza ricercò Dio, amando i poveri, arrivando a privarsi anche del necessario per aiutarli, cercò il nascondimento, rifuggendo da ogni esibizionismo, atteggiamento naturale dei giovani di tutti i tempi.
Ma ben presto i suoi concittadini, cominciarono ad intuire lo spessore spirituale di quell’anima, molti l’avevano visto anche in estasi prolungata in cattedrale; la sua carità dentro e fuori le mura della città, era d’altronde sotto gli occhi di tutti, così si diffuse la fama di uomo di Dio.
Per distogliere da lui le attenzioni degli urbinati, si finse anche pazzo, ma più tentava di
nascondersi, più il Signore faceva manifestare la sua virtù.
E la fama della sua santità lo precedette a Roma, dove si recò per il primo Giubileo del 1300, indetto da Papa Bonifacio VIII (1235-1303), in effetti non era mai stato a Roma, ma per le strade presero ad additarlo come “quel santo uomo di Urbino” e alcuni prodigi confermarono al popolo romano la sua santità:
Ritornato ad Urbino intensificò la sua vita spirituale, girando per le contrade in atteggiamenti e abiti penitenziali e a piedi nudi; volendo imitare anche nel dolore il grande santo innovatore di Assisi, sopportò con rassegnazione una gravissima infermità che lo colpì.
In poco tempo fu ridotto in fin di vita con la perdita dell’uso della parola, riacquistata solo negli ultimi giorni; ormai prossimo alla morte e munito dei conforti religiosi, disse: “Andiamocene ormai con fiducia, alla gloria del Paradiso”, poi serenamente si spense il 1° giugno 1304.
Pur avendo chiesto di essere sepolto nella chiesa di San Francesco, fu invece inumato nel cimitero francescano posto nel chiostro del convento.
Ma l’accorrere dei fedeli in continuazione e i tanti prodigi e grazie, che si dicevano ottenute per la sua intercessione, indussero i frati ad esumarne il corpo e trasferirlo nella suddetta chiesa.
Con le offerte dei fedeli, fu eretto un altare sulla sua tomba, dove si celebravano Messe in suo onore.
Attraverso i secoli si perpetuò il culto per il santo Terziario Francescano, Papa Benedetto XV il 13 novembre 1918, approvò ufficialmente il culto secolare del Beato Giovanni Pelingotto.
La festa si celebra il 1° giugno.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Pelingotto, pregate per noi.

*Beato Giovanni Storey - Laico coniugato, Martire (1 Giugno)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri di Inghilterra, Galles e Scozia” Beatificati nel 1886-1895-1929-1987

Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, Beato Giovanni Storey, martire, che, esperto di diritto, fu fedelissimo al Romano Pontefice; dopo il carcere e l’esilio, per la sua fede cattolica fu condannato a morte e, impiccato a Tyburn, migrò alle gioie della vita eterna.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giovanni Storey, pregate per noi.

*San Giuseppe Tuc - Martire (1 Giugno)

m. 1862
Contadino di 20 anni decapitato nella citta di Hung Yen in Vietnam, per essersi rifiutato di calpestare la Santa Croce.
Martirologio Romano: Nella città di Hưng Yên nel Tonchino, ora Viet Nam, San Giuseppe Túc, martire, che giovane contadino, fu più volte messo in carcere e torturato per essersi rifiutato di calpestare la croce e venne infine decapitato sotto l’imperatore Tự Đức.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giuseppe Tuc, pregate per noi.

*San Giustino - Martire (1 Giugno)

Flavia Neapolis (attuale Nablus, Palestina), inizio II secolo - Roma, ca. 164
La sua famiglia è di probabile origine latina e vive a Flavia Neapolis, in Samaria. Nato nel paganesimo, Giustino studia a fondo i filosofi greci, e soprattutto Platone. Poi viene attratto dai Profeti di Israele, e per questa via arriva a farsi cristiano, ricevendo il battesimo verso l'anno 130, a Efeso. Ma questo non significa una rottura con il suo passato di studioso dell'ellenismo. Negli anni 131-132 lo troviamo a Roma, annunciatore del Vangelo agli studiosi pagani. Al tempo stesso, Giustino si batte contro i pregiudizi che l'ignoranza alimenta contro i cristiani.
Famoso il suo «Dialogo con Trifone».
Predicatore e studioso itinerante, Giustino soggiorna in varie città dell'Impero; ma è ancora a Roma che si conclude la sua vita.
Qui alcuni cristiani sono stati messi a morte come "atei" (cioè nemici dello Stato e dei suoi culti). Scrive una seconda Apologia, indirizzata al Senato romano, e si scaglia contro il filosofo Crescente.
Ma questo sta con il potere, e Giustino finisce in carcere, anche lui come "ateo", per essere decapitato con altri sei compagni di fede, al tempo dell'imperatore Marco Aurelio. (Avvenire)

Patronato: Filosofi
Etimologia: Giustino = onesto, probo (sign. Intuitivo)
Emblema: Palma
Martirologio Romano: Memoria di san Giustino, martire, che, filosofo, seguì rettamente la vera Sapienza conosciuta nella verità di Cristo: la professò con la sua condotta di vita e quanto professato fece oggetto di insegnamento, lo difese nei suoi scritti e testimoniò con la morte avvenuta a Roma sotto l’imperatore Marco Aurelio Antonino.
Infatti, dopo aver presentato all’imperatore la sua Apologia in difesa della religione cristiana, fu consegnato al prefetto Rustico e, dichiaratosi cristiano, fu condannato a morte.
La sua famiglia è di probabile origine latina (il padre si chiama Prisco) e vive a Flavia Neapolis, città fondata in Samaria dai Romani dopo avere schiacciato l’insurrezione nazionale ebraica e aver distrutto il Tempio di Gerusalemme. Nato nel paganesimo, Giustino studia a fondo i filosofi greci, e soprattutto Platone. Poi viene attratto dai Profeti di Israele, e per questa via arriva a farsi cristiano, ricevendo il battesimo verso l’anno 130, a Efeso.
Ma questo non significa una rottura con il suo passato di studioso dell’ellenismo. Anzi: egli sente di avere raggiunto un traguardo, trovando in Cristo la verità che i pensatori greci gli hanno insegnato a ricercare.
Negli anni 131-132 lo troviamo a Roma, annunciatore del Vangelo agli studiosi pagani; un missionario-filosofo, che parla e scrive. Nella prima delle sue due Apologie, egli onora la sapienza antica, collocandola nel piano divino di salvezza che si realizza in Cristo. È l’uomo, insomma, dei primi passi nel dialogo con la cultura greco-romana.
Al tempo stesso, Giustino si batte contro i pregiudizi che l’ignoranza alimenta contro i cristiani, esalta il vigore della loro fede anche nella persecuzione, la loro mitezza e l’amore per il prossimo. Vuole sradicare quella taccia di “nemici dello Stato”, che giustifica avversioni e paure.
Il successivo Dialogo con Trifone ha invece la forma letteraria di una sua disputa a Efeso con un rabbino, nel quale Giustino illustra come Gesù ha dato adempimento in vita e in morte alla Legge e agli annunci dei Profeti.
Predicatore e studioso itinerante, Giustino soggiorna in varie città dell’Impero; ma è ancora a Roma che si conclude la sua vita.
Qui alcuni cristiani sono stati messi a morte come “atei” (cioè sovversivi, nemici dello Stato e dei suoi culti).
Allora lui scrive una seconda Apologia, indirizzata al Senato romano, e si scaglia contro un accanito denunciatore, il filosofo Crescente: sappiano i senatori che costui è un calunniatore, già ampiamente svergognato come tale da lui, Giustino, in pubblici contraddittori.
Ma Crescente sta con il potere, e Giustino finisce in carcere, anche lui come “ateo”, per essere decapitato con altri sei compagni di fede, al tempo dell’imperatore Marco Aurelio.
Lo attestano gli Acta Sancti Iustini et sociorum, il cui valore storico è riconosciuto unanimemente.
Non ci è noto il luogo della sua sepoltura. Anche la maggior parte dei suoi scritti è andata perduta. Eppure la sua voce ha continuato a parlare. Nel Concilio Vaticano I i vescovi vollero che egli fosse ricordato ogni anno dalla Chiesa universale.
E il Concilio Vaticano II ha richiamato il suo insegnamento in due dei suoi testi fondamentali: la costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen gentium, e la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et spes.  

(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giustino Martire, pregate per noi.

*Beata Hildegard Burjan - Fondatrice (1 Giugno)
Görlitz sulla Neisse, 30 gennaio 1883 - 1 giugno 1933
Sposa, madre, studiosa con una visione attenta ai problemi sociali per trovare nuove forme di assistenza e di solidarietà. Fu anche il primo deputato donna cristiano-sociale in Parlamento. Fondatrice della società delle suore della Caritas socialis, trasse dalla fede la forza per il suo impegno. Era ebrea e divenne cattolica dopo una grave malattia.
Il 30 gennaio 1883 i coniugi Abraham e Berta Freund, abitanti a Görlitz sulla Neisse, appartenente allora alla Slesia prussiana, ebbero la gioia della nascita di una seconda figlia. La giovane Hildegard crebbe in una famiglia del ceto medio borghese, di origine ebraica, ma non vincolata confessionalmente.
Per motivi professionali nel 1895 la famiglia si trasferì da Görlitz a Berlino e nel 1899 nella Svizzera.
Hildegard sviluppava in se stessa una personalità pretesa ad ideali elevati. Come molti giovani del 19° secolo che stava per finire, era alla ricerca di valori, di ideali, di qualcosa di grande. Nel 1903 ottenne la maturità a Basilea e iniziò̀ all’Università di Zurigo lo studio di germanistica.
Frequentava però anche delle lezioni complementari di filosofia, perché era interessata a molti problemi - circa il senso della vita, circa la verità̀ ... - e cercava delle risposte. Attraverso l’opera del filosofo Robert Saitschik e dello studioso della pace Friedrich Förster per la prima volta fu posta a confronto con il patrimonio del pensiero cristiano.
In Hildegard cominciò̀ a farsi strada l’idea che lo sforzo assoluto dell’ essere uomo perfetto resterà sempre imperfetto, se Dio non è la meta di ogni agire e operare.
Lei avvertiì di dover prendere una decisione per il resto della sua vita, ma doveva ancor superare degli ostacoli interiori. La grazia del poter credere non le era stata ancor concessa.
Durante il corso degli studi conobbe lo studente di tecnica Alexander Burjan. Questi era di origine ungherese e di famiglia ebrea. Il 2 maggio 1907 i due si unirono in matrimonio e si trasferirono a Berlino. Hildegard si trovava alla vigilia della conclusione dei suoi studi.
Il 9 ottobre 1908 la giovane sposa fu ricoverata nell’ospedale cattolico St. Hedwig per una colica renale. Il suo stato di salute si aggravò̀ a vista d’occhio e dovette sottoporsi a diversi interventi. Durante la Settimana Santa del 1909 era in fin di vita.
I medici avevano perso ogni speranza di guarigione e la curarono con la morfina per alleviarle i dolori.
Il mattino della festività di Pasqua accadde il fatto incomprensibile - lo stato di salute della moribonda miglioroò sensibilmente e la piaga iniziò́ a guarire. Dopo sette mesi di permanenza in ospedale fu dimessa per ritornare a casa. Per tutta la sua vita però̀ ebbe a soffrire a causa delle conseguenze di questa grave malattia.
L’esperienza di questa malattia diede una svolta totale alla sua vita. Hildegard fu profondamente scossa e turbata di come Dio l’avesse guidata nella vita. Ora avvertì̀ in sé la forza di poter credere. Aveva avuto il suo peso in questa vicenda l’esempio cristiano delle suore dell’ordine religioso che l’avevano curata - le suore borromee. Ciò che non le era riuscito con la razionalità, con l’intelletto, lo comprese ora con il cuore. L’11 agosto 1909 ricevette il sacramento del Battesimo.
Hildegard iniziò ad ascoltare la voce interiore – cosa voleva Dio da lei? Essa stessa era solo consapevole che la vita, che le era stata ridonata, doveva appartenere solo a Dio e agli uomini. Nel corso dello stesso anno i coniugi Burjan si trasferirono a Vienna, dove Alexander aveva avuto l’offerta di una funzione direttiva.
Hildegard venne presto a contatto con circoli cattolici di Vienna, soprattutto con gruppi, che discutevano le affermazioni della prima enciclica sociale, la “Rerum novarum” del Papa Leone XIII (1891).
Per quanto riguarda il suo impegno sociale Hildegard dovette dapprima trattenersi, perché era in attesa di un figlio. Per la sua salute minata questo evento costituiva un pericolo di vita. I medici a motivo dell’indicazione medica esistente consigliavano di abortire. A ciò lei si oppose decisamente. Il 27 agosto 1910 venne al mondo sua figlia Lisa. La nascita riportò̀ nuovamente la madre in fin di vita e fu indispensabile un più̀ prolungato ricovero in ospedale.
Negli anni successivi Hildegard Burjan cominciò a sviluppare coerentemente la sua “concezione sociale” e a perseguire lo scopo della sua vita, la fondazione di una comunità religiosa di suore. Le sue poliedriche attività caritative e più avanti quelle politiche, che richiedevano molta disponibilità di tempo, portarono lei come ogni altra donna e madre impegnata fuori della famiglia anche in situazioni conflittuali - per poter soddisfare le esigenze di ambedue gli ambiti, quello pubblico e quello della famiglia. Unicamente il suo grande talento organizzativo la mise nella condizione di affrontarli tutti e due.
I Burjan avevano una casa grande. Alexander raggiunse il posto di direttore generale in una grande impresa industriale.
A motivo della sua attività poliedrica nel settore pubblico il nome di Hildegard divenne presto degno di considerazione. I vertici del mondo economico e politico erano frequentemente ospiti in casa Burjan. Per Hildegard questa realtà significava vivere in due mondi diametralmente opposti: moglie di un direttore generale e nel contempo difensore degli oppressi e diseredati.
Le smisurate richieste consumarono le sue energie. Alla sua malattia cronica si aggiunse il diabete.
Anche gli effetti di una pressione sanguigna alta le crearono problemi. Nel breve arco di tempo concessole per realizzare i suoi ideali, lei diede inizio, assai in anticipo rispetto al pensiero sociale della sua epoca, a dei progetti che trasformarono in maniera decisiva l’ampio ambito dell’assistenza.
Punto di partenza e motivazione per l’agire e operare di Hildegard era la sua profonda comunione con Dio. Lei era convinta che la sua missione era di annunciare l’amore di Dio mediante il suo agire sociale. In ascolto della volontà di Dio e dei bisogni degli uomini, cercò di assolvere questa missione.
Già segnata dalla morte, nel ricordo del suo amico e accompagnatore spirituale, il prelato Dr. Ignaz Seipel, incominciò̀ ad avviare la costruzione di una chiesa a Vienna.
Sull’attuale territorio del quartiere “Neu-Fünfhaus”accanto alla chiesa doveva sorgere anche un centro sociale - idea innovativa per quell’epoca. Non sopravvisse però alla posa della prima pietra. L’11 giugno 1933 Hildegard Burjan morì̀, all’età di soli 50 anni.
Sulla sua pietra tombale nel Cimitero Centrale di Vienna si trova la scritta da lei desiderata: In te, Domine, speravi, non confundar in aeternum. (Ho sperato in te, Signore. Non sia confuso in eterno). Il 6 giugno 1963 fu introdotto il processo di beatificazione della fondatrice della congregazione delle suore della Caritas Socialis.
Concluso il processo riguardante i miracoli e l’esumazione ad esso annessa, le sue spoglie dal 4 febbraio 2005 riposano nella cappella Hildegard Burjan nella sede centrale della comunità delle Suore della Caritas Socialis.
É stata beatificata nel duomo di Santo Stefano, a Vienna, il 29 gennaio 2012.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Hildegard Burjan, pregate per noi.

*Santi Ischirione e 5 Soldati - Martiri di Asiùt (1 Giugno)

† 250 circa

Martirologio Romano: Ad Asyūṭ sempre in Egitto, Santi Martiri Ischirione, comandante dell’esercito, e altri cinque soldati, che, per ordine del prefetto Arriano, sotto l’imperatore Decio furono uccisi per la loro fede in Cristo con diversi generi di martirio.
Secondo la notizia del Sinassario Alessandrino di Michele, vescovo di Atrib e Malig, al 7 baùnah (= 1° giugno), Ischirione (SahIrùn) era oriundo di Qallin (o Qillin) in Egitto, città del delta del Nilo, a trentacinque chilometri a oriente di Damanhur, ed esercitava il mestiere delle armi nell’esercito di Arriano, il ben noto governatore di Antinoe, capitale della Tebaide.
Quando giunsero i decreti dell’imperatore Diocleziano, relativi al culto da rendere alle divinità dell’impero, Ischirione si rifiutò violentemente di ottemperarvi e fu incarcerato. Quindi, fu mandato da Arriano, che era giunto a Asiùt.
Con lui si trovavano altri cinque soldati cristiani, i cui nomi sono tramandati dai diversi codici con una grande incertezza: Walifiyus, Armàniyùs (o Armasiyùs), Arkiyàs (o Arkanàs), Butros (= Pietro) e Qiràyyùn (o Qibraniyùn = Cipriano?). Essi furono crocifissi o decapitati, ma la notizia del Sinassario non si sofferma a lungo su di loro, elencando, invece, tutti i tormenti che furono inflitti a Ischirione, tormenti che, peraltro, non gli nuocevano perché un angelo neutralizzava ogni volta il loro effetto.
Dopo diversi episodi, tra i quali la conversione di un mago (morto anch’egli martire), Ischirione venne infine decapitato.
Questi particolari sono in massima parte luoghi comuni agli Atti dei martiri d’Egitto e non se ne può ricavare altro che il luogo del martirio. Sembra tuttavia che la notizia del Sinassario sia il riassunto di una passio andata perduta.
È molto probabile anche che la memoria dei sei martiri sia stata menzionata in qualche sinassario bizantino e, secondo la sua stessa affermazione, il Baronio l’avrebbe trovata in tale fonte e introdotta quindi nel Martirologio Romano allo stesso giorno. Il testo utilizzato dal Baronio non è stato finora ritrovato e nessuno dei sinassari visti da H. Delehaye per l'edizione del Sinassario Costantinopolitano menziona Ischirione e i suoi compagni, né al 1° giugno, né ad altra data.
La traduzione geez del Sinassario Alessandrino ha conservato la notizia indicata al giorno corrispondente del 7 sane, e alla fine del racconto del martirio viene aggiunta la narrazione del miracolo dello spostamento di una chiesa, operato dal santo in un paese dell’Alto Egitto di nome Beyàhu. È da notare, inoltre, la menzione di Ischirione, solo, sempre al 7 tùbah nel Calendario di Abùl-Barakàt.
A proposito del culto di Ischirione nella Chiesa copta, si può anche ricordare la tradizione secondo la quale le reliquie del martire sono state trasportate dal monastero di Samuele di Qalamùn alla chiesa a lui dedicata nel monastero di Abbà Pishoi (Bisói). Si può trovare una lunga descrizione di questo edificio nell’opera di Evelyn White sui monasteri del Wàdi-n-Natrùn. Una cappella a lui dedicata si trovava pure nel monastero di san Macario.
O.H.E. Burmester, d’altra parte, ha pubblicato un inno copto, utilizzato precisamente il 7 tùbah, che commemora la traslazione delle reliquie; un altro inno del Difnar (innario), sempre in onore di Ischirione, è stato pubblicato dal medesimo orientalista che, in un terzo studio, ha anche riportato il racconto di detta traslazione, che avrebbe avuto luogo il 7 tùbah dell’anno 1049 dei martiri (= 2 gennaio 1333), durante il pontificato del patriarca copto Beniamino II (1327-1339).
In questo testo la data del martirio viene indicata al 9 baùnah e non al 7 come nel Sinassario, e vi è pure fatta allusione al cronista Giulio di Aqfahs.
Di fatto, esiste un testo arabo a lui attribuito, che riporta il racconto dell’invenzione delle reliquie di Ischirione, la costruzione e la dedica della chiesa a lui consacrata un 7 kihak.

(Autore: Joseph-Marie Sauget – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Ischirione e 5 Soldati, pregate per noi.

*Beato Leone Tanaca - Catechista e Martire Giapponese (1 Giugno)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri Giapponesi” Beatificati nel 1867-1989-2008

+ 1 giugno 1617
Martirologio Romano:
A Omura in Giappone, Beati martiri Alfonso Navarrete, dell’Ordine dei Predicatori, Ferdinando di San Giuseppe de Ayala, dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, sacerdoti, e Leone Tanaka, religioso della Compagnia di Gesù, che in odio alla fede cristiana, per editto del comandante supremo Hidetada, insieme furono decapitati.
Nacque da una famiglia cattolica giapponese e fin da giovane visse nell'ambito della Compagnia di Gesù. Divenuto catechista cooperò nell'apostolato con Giambattista Machado.
Con questi infatti venne catturato nelle isole di Gotò e successivamente trasferito nelle carceri di Omura e di Cori.
Era talmente affezionato al Machado che ottenne di accompagnarlo fino al luogo del martirio; dopo la decapitazione raccolse con pannolini il sangue del martire.
Qualche giorno dopo l'uccisione del suo maestro poté seguirlo, come desiderava, nella gloria. Infatti il 1° giugno 1617 fu egli pure decapitato assieme al p. Navarrete e a Fernando di S. Giuseppe.
Il corpo fu gettato in mare entro una stuoia legata a sassi, per impedirne ai cristiani il recupero e la venerazione.
Mentre le salme dei suoi due compagni di martirio vennero ripescate, il suo corpo invece non venne mai ritrovato. Pio IX il 6 luglio 1867 lo proclamò Beato.

(Autore: Gian Domenico Gordini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Leone Tanaca, pregate per noi.

*San Procolo - Martire (1 Giugno)

Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Bologna, San Procolo, martire, che per la verità cristiana fu trafitto con dei chiodi da trave.
San Procolo è venerato ab antiquo come martire nella Chiesa Bolognese.
Paolino da Nola nel IV secolo, in occasione della traslazione delle reliquie alla basilica di San Felice, lo associa nella venerazione ai santi Vitale ed Agricola, e ne esalta la gloriosa testimonianza.
Vittricio di Rouen, nel libro In lode dei Santi (fine sec. IV) afferma che il culto dei martiri bolognesi è diffuso anche in Gallia.
Un’antica tradizione attesta che il luogo del martirio di Procolo era fuori dei limiti della città romana e alto-medievale, non lontano da una porta denominata poi Procula.
Il suo corpo è tuttora custodito nel tempio a lui dedicato.
Una scultorea raffigurazione del martire è posta sull’Arca di San Domenico. Sia il Martirologio Geronimiano sia il Martirologio Romano fissano la festa di San Procolo al primo giugno.

(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Procolo Martire, pregate per noi.

*San Ronan (Ronano) di Quimper - Vescovo (1 Giugno)
sec. VII/VIII
Martirologio Romano:
In Bretagna, sempre in Francia, San Ronano, vescovo, che giunse per mare dall’Irlanda e condusse nei boschi vita eremitica.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Ronan di Quimper, pregate per noi.

*San Secondo di Amelia - Martire (1 Giugno)

m. 303/305

I padri Bollandisti pubblicarono al 1 giugno degli Acta Sanctorum una Passio di San Secondo inviata loro dalla città di Pergola. Qui le reliquie del santo erano giunte da Gubbio nel 1285. Ma almeno una terza città, Amelia, che però in questi Acta non compare mai, annovera tra i suoi patroni il medesimo martire.
Dal testo di una Passio di origine farfense, apprendiamo che Secondo era un soldato ed apparteneva alla famiglia dell’imperatore Aureliano (214-277).
Durante la persecuzione di Diocleziano e Massimiano (303-305) il proconsole Dionisio lo fece prelevare da Amelia, portare al suo cospetto presso il tribunale di Spoleto ma, non essendo
riuscito a convincerlo ad abiurare la fede cristiana, lo fece ripetutamente torturare.
Mentre veniva sottoposto ai supplizi, Secondo implorò da Dio un segno che facesse convertire i suoi persecutori; a questo punto un violento terremoto abbatté il grandioso tempio di Ercole eretto proprio in onore dell’imperatore Massimiano Erculio.
Dionisio, infuriato, ordinò allora di riportarlo ad Amelia ed affogarlo nel Tevere, che scorreva a pochi chilometri dalla città. Eseguita la sentenza, i soldati presero la via del ritorno ma un orso sbarrò loro la strada, ne uccise alcuni, mentre gli altri, terrorizzati dalla fine dei propri compagni, corsero dal sacerdote Eutizio chiedendo perdono dell’atto compiuto e facendosi poi battezzare da lui.
Intanto, il corpo di Secondo, riemerso miracolosamente dal fiume, venne recuperato e sepolto da una matrona di nome Eudossia in un suo terreno appena fuori le mura di Amelia dove poi sorse la chiesa a lui dedicata.
La versione eugubina della Passio parla invece di Gubbio come residenza di Secondo, di Gubbio è anche Eudossia, e fuori della città di Gubbio ella lo fa seppellire.
Non è difficile capire come le due versioni dipendano una dall’altra, forse con una precedenza temporale per quella amerina.
Va fatto anche notare come la Passio di Secondo sia sovrapponibile a quella di Valentino ed Ilario, martiri di Viterbo, venerati il 3 novembre, il cui culto è stato diffuso proprio dai monaci di Farfa, monaci benedettini che, quasi certamente, portarono tale culto anche sull’isola Polvese, sul lago Trasimeno, dove eressero una loro chiesa in onore del medesimo Santo.
Un’ultima annotazione sull’affinità delle vicende del Secondo amerino con i Santi Secondo di Salussola (Biella) e di Pinerolo (Torino): anche questi erano dei militari, appartenenti alla leggendaria "Legione Tebea"; così, pure il culto di San Secondo di Salussola venne diffuso da monaci benedettini, della Novalesa.
A questo punto forse non è da escludere una sovrapposizione e una diffusione di culti del medesimo martire in almeno alcune delle città in cui è venerato.

(Autore: Emilio Lucci, archivista diocesano di Amelia)
Giaculatoria - San Secondo di Amelia, pregate per noi.

*San Simeone di Siracusa - Eremita (1 Giugno)
+ 1035
San Simeone, di origini greche ma nativo di Siracusa, divise la sua vita fra la Terra Santa e l’Europa settentrionale.
Eremita e monaco in Palestina e sul Monte Sinai, fu poi inviato con un confratello in Normandia per riscuotere un necessario tributo dal duca Roberto II. Appresa la morte di quest’ultimo, non restò a Simeone che porsi al servizio del vescovo di Treviri Poppone, su consiglio dei suoi amici Riccardo, abate di Verdun, ed Eberwino, abate di San Martino. Condusse infine vita eremitica presso Treviri, ove morì e si sviluppò una forte fama di santità nei suoi confronti.

Etimologia: Simeone = Dio ha esaudito, dall'ebraico
Martirologio Romano: A Treviri in Lorena, oggi in Germania, San Simeone, che, nato a Siracusa da padre greco, dopo aver condotto vita eremitica presso Betlemme e sul monte Sinai e avere a lungo peregrinato, morì infine recluso nella torre della Porta Nigra in questa città.
Una Vita di San Simeone, giunta sino a noi, fu scritta immediatamente dopo la sua morte dall’amico Eberwino, abate di Tholey e di San Martino a Treviri, su richiesta dell’arcivescovo di quest’ultima città, Poppone. Svariate notizie sono così state tramandate sulle avventurose vicende terrene di questo Santo.
Nato a Siracusa da padre greco, all’età di soli sette anni fu condotto a Costantinopoli per ricevere un’adeguata educazione. Raggiunta l’età adulta decise di intraprendere la vita eremitica, stabilendosi così in Terra Santa, ove si era recato pellegrino. Dopo aver condotto per qualche tempo vita solitaria sulle rive del fiume Giordano, entrò poi in un monastero nei pressi del Monte Sinai.
Con il permesso dell’abate trascorse anche due anni in una grotta vicina al Mar Rosso, nonché un periodo in un eremo sulla sommità del Sinai. Ritornato infine al monastero, fu incaricato con un
altro monaco di una missione che avrebbe cambiato radicalmente il corso della loro vita: riscuotere un tributo presso il duca Riccardo II di Normandia, la cui somma era assai urgente ai fini della sopravvivenza della comunità.
L’imbarcazione su cui partirono i due monaci fu però catturata dai pirati che uccisero l’equipaggio ed i passeggeri. Simeone si salvò lanciandosi dalla nave e raggiungendo a nuoto la riva. Raggiunse a piedi Antiochia, ove incontrò San Riccardo, abate di Verdun, ed il suddetto Eberwino, che stavano facendo ritorno in Francia, dopo essere stati pellegrini in Palestina. Divenuti amici, decisero di proseguire insieme il viaggio, ma giunti a Belgrado le loro strade dovettero nuovamente separarsi: ai pellegrini francesi fu concesso di continuare, mentre Simeone ed il monaco Cosma, unitosi nel frattempo al gruppo, vennero arrestati.
Una volta liberati dovettero affrontare un lungo e periglioso viaggio fra le montagne bosniache, contaminate di briganti, nonché un innumerevole quantità di difficoltà prima di riuscire a raggiungere a costa onde imbarcarsi per l’Italia.
Giunsero infine finalmente a Roma, ma subito ripartirono pel la Provenza, ove Cosma morì. Attraversata ancora tutta la Francia, Simeone giunse infine in Normandia. Qui apprese che il duca Riccardo II era ormai morto ed i suoi figli, Riccardo III e Roberto I, rifiutarono fermamente di pagare il tributo dovuto.
Invano Simeone aveva così percorso invano quasi tremila chilometri ed erano ormai trascorsi anni dalla sua partenza. Pensò allora di consultare i suoi amici Riccardo ed Eberwino. Fu presentato dunque all’arcivescovo Poppone di Treviri, che lo volle quale guida nel pellegrinaggio in Terra Santa che stava per intraprendere. Indeciso se fare o no ritorno al suo monastero, decise infine di far ritorno a Treviri con il vescovo.
Finalmente dopo anni di viaggi, riuscì a ritrovare quella solitudine che tanto amava e desiderava. Gli fu concesso di vivere quale eremita in una torre della città vicino alla Porta Nigra, e l’arcivescovo stesso presiedette la cerimonia della sua reclusione. Il resto della sua vita lo trascorse così in penitenza, preghiera e contemplazione.
Non furono però anni senza prove, non mancarono le tentazioni e talvolta subì attacchi da parte delle popolazioni locali.
Un giorno venne assalito da gente inferocita ed intenta a scagliare contro di lui pietre ed altri oggetti, accusandolo di praticare la magia nera. Con il passare del tempo iniziò però a diffondersi nei suoi confronti una sincera fama di santità. Quando Simeone morì, nel 1035, l’abate Eberwino gli chiuse gli occhi e vi fu una grande partecipazione popolare ai suoi funerali. Porta Nigra divenne da allora la porta di San Simeone.
Poppone fu come detto prima autore della sua biografia e promosse la sua causa di canonizzazione. T
ale provvedimento fu adottato dal Papa Benedetto IX dopo soli sette anni dalla morte del Santo, seconda canonizzazione papale nel corso della storia.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Simeone di Siracusa, pregate per noi.

*San Teobaldo Roggeri (1 Giugno)

Vicoforte, 1100 circa - 1150
Nacque verso il 1100 a Vicoforte, detta allora Vico, in provincia di Asti, da una famiglia della piccola nobiltà locale.
A dodici anni, rimasto solo, si trasferì ad Alba ove si occupò presso la bottega di un ciabattino che lo accolse in casa.
Morto il suo benefattore che avrebbe desiderato vederlo sposo alla figlia Virida, andò pellegrino a Santiago de Compostela, mendicando di porta in porta. Ritornato ad Alba scelse di fare il facchino considerato il più umile fra i mestieri, privandosi del poco guadagno per aiutare i poveri. Pentendosi di aver reagito ad un'offesa, come penitenza prese a dormire sulla nuda pietra della scalinata della chiesa di San Lorenzo dove serviva anche come sagrestano.
Una sera che si era recato a far visita alla vedova del ciabattino, fu colpito da un grave malore che lo uccise. Era il 1150.
Secondo i suoi desideri fu sepolto nello spazio compreso fra le due chiese di San Lorenzo e San Silvestro. Il suo culto è stato riconosciuto ufficialmente nel 1841. (Avvenire)

Patronato: Ciabattini, facchini, mendicanti
Etimologia: Teobaldo = forte capitano, dal greco
Martirologio Romano: Ad Alba in Piemonte, Beato Teobaldo, che, spinto dall’amore per la povertà, rimise tutti i suoi averi a una vedova e divenne per spirito di umiltà facchino, per portare su di sé i pesi altrui.
Nacque verso il 1100 a Vicoforte, detta allora semplicemente Vico in provincia di Asti, da genitori benestanti della piccola nobiltà locale.
Notizie sulla sua vita ve ne sono pochissime, esse comunque vengono riportate in un antico documento composto da un codice membranaceo palinsesto del sec. XIV conservato nell’archivio capitolare di Alba (Cuneo).
Esso si compone di diciotto pergamene unite insieme e formanti un "rotulo" di m. 6,30, riporta notizie precedenti della vita e anche dei miracoli attribuiti alla sua intercessione.
Il testo originale latino è stato pubblicato insieme alla versione italiana da Luigi Giordano ne’ Il “rotulo” di San Teobaldo Roggeri e anche ne’ La storia di San Teobaldo Roggeri, il Santo dell’antico Comune e della Corporazioni Alba,1929.
A dodici anni, rimasto solo al mondo, lasciò Vico e si trasferì ad Alba ove si occupò presso la
bottega di un ciabattino per imparare il mestiere, anzi si stabilì presso la famiglia dello stesso, per vivere così una vita umile fra poveri.
Alla morte del suo benefattore, che invano aveva sperato di vederlo sposato con la figlia Virida, Teobaldo lasciò Alba dopo aver rifornito di mezzi per vivere, la famiglia presso la quale aveva vissuto per quasi dieci anni.
Andò pellegrino a Santiago di Compostella in Spagna, mendicando di porta in porta.
Ritornato ad Alba non riprese il mestiere di ciabattino ma scelse di fare il facchino considerato il più umile fra i mestieri e così privandosi del poco guadagno poté aiutare questi miseri.
Pentendosi di aver reagito con uno scatto indignato ad un’offesa ricevuta, volle espiare per tutta la sua restante vita e prese a dormire sulla nuda pietra della scalinata della chiesa di San Lorenzo ove prese anche a servire come sacrestano nelle ore libere dal facchinaggio. Una sera che si era recato a far visita alla vedova del ciabattino, lo colpì un grave malore e sotto quel tetto morì nell’anno 1150.
Secondo i suoi desideri fu sepolto nello spazio compreso fra le due chiese di San Lorenzo e San Silvestro.
La sua tomba divenne meta di pellegrinaggi e svariati miracoli avvennero, ma col trascorrere del tempo, la sua tomba cadde in oblio fino al punto che se ne dimenticò il posto.
Tuttavia essa fu riscoperta, quasi per ispirazione, dal vescovo di Alba Alerino dei Rembaudi, il 31 gennaio 1429. Tale episodio è ricordato dalla lapide marmorea fatta murare dallo stesso vescovo nella cappella dedicata al Santo, nel Duomo, ove le spoglie furono poi traslate.
Il culto immemorabile venne riconosciuto ufficialmente solo nel 1841 dalla Santa Sede, dietro richiesta del vescovo di Alba, Costanzo Fea.
La festività liturgica ricorre comunemente il 1° giugno, ma viene anche celebrata il 1° febbraio con la cosiddetta "Festa delle ricordanze" che si apre con il suono notturno delle campane con cui si vuol ricordare il prodigio delle campane che suonarono da sole quando avvenne il ritrovamento della tomba nella tarda sera del 31-1-1429.

(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Teobaldo Roggeri, pregate per noi.

*San Vistano - Re di Mercia e Martire (1 Giugno)

m. 850
Martirologio Romano:
Nella campagna di Lichester in Inghilterra, San Vistano, martire, che, della stirpe dei re di Mercia, essendosi opposto al matrimonio incestuoso della madre reggente, fu trafitto con la spada del tiranno.
Il Martyrologium Romanum commemora in data odierna San Vistano (Wystan, Wiston), appartenente alla folta schiera di decine di sovrano e principi inglesi che nel primo millennio dell’era cristiana ascesero alla gloria della santità.
Morto precocemente suo padre Wigmund nell’839, l’anno seguente Vistano dovette succedere al trono di Mercia a suo nonno Wiglaf.
Essendo ancora troppo giovane, la reggenza fu affidata temporaneamente a sua madre Elfleda.
Berhtic (Brifardo), un membro della famiglia reale, voleva sposarsi con lei, ma Vistano si oppose fermamente per ragioni di consanguineità, essendo egli suo parente nonché padrino, ma anche perché covava forti sospetti che egli celasse l’ambizione di impadronirsi del potere regale.
Se la ragione era realmente questa, occorre ammettere che aveva proprio colto nel segno nell’immaginare i progetti del malvagio pretendente, che nell’850 non esitò ad ucciderlo brutalmente.
Con Vistano, a cui si narra fosse stata strappata la capigliatura, morirono anche tre suoi cavalieri presso Wistanstow, identificabile probabilmente con l’odierna Wistow nel Leicestershire.
Il sovrano ricevette degna sepoltura nel monastero reale di Repton, dove già riposavano i suoi avi.
In seguito gli abati Evesham, schieratisi con il re Canuto il Grande e poi con i normanni, con il favore reale ottennero le reliquie dei Santi anglosassoni.
Nel 1019 l’abate Aelfweard, futuro vescovo di Londra, richiese al re Canuto le reliquie di San Vistano e fecero così ritorno a Repton.
Una leggenda assai curiosa tramandata a Wistow narra come nell’anniversario dell’uccisione del Santo una luce fosse solita illuminare il luogo del martirio e dal terreno germogliava una capigliatura umana, anche se ad onor del vero parecchi tipi di funghi hanno infatti una sommità simile ai capelli e ciò potrebbe costituire una spiegazione scientifica del fenomeno.
Baldovino, arcivescovo di Canterbury, inviò un’apposita commissione per esaminarlo, anche se si riscontrò una certa difficoltà a causa della frequenza annuale del miracoloso evento.
Tre antiche chiese in Inghilterra furono dedicate alla memoria del Santo sovrano, ancora oggi esistenti, presso Wistow, Wigstow e Wistanstow.
San Vistano, a differenza di tanti suoi pari, pur essendo citato dal martirologio ufficiale della Chiesa Cattolica non ha mai goduto di una grande popolarità e venerazione al di fuori del mondo anglosassone, fatto dovuto anche al suo nome non molto comune.

(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)

Giaculatoria - San Vistano, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (01 Giugno)
*xxx
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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